Villa Manin apre la Mostra Confini.
Centoventi opere concesse a Villa Manin (Passariano – Udine) da una diversi Musei europei e americani e da collezioni private, definiscono il CONFINE, nell’accezione contemporanea di chance per uno scambio. La contaminazione e lo stimolo diventano argomenti di riflessione per un progetto espositivo di Marco Goldin che indaga l’idea di confine, allargandone l’ambito semantico, non come barriera discriminante ma come possibilità di intraprendere un viaggio intrigante ed originale.
Con questo spirito, la mostra che la cinquecentesca Villa Manin ospiterà dall’11 ottobre 2025 al 12 aprile 2026 – riunirà più di centoventi opere per raccontare artisti europei e americani dell’Ottocento e del Novecento, da Turner a Cézanne, Van Gogh, Munch, Mondrian. Rothko, Kiefer, tra gli altri.

Nella prima sala della mostra è prevista la presenza di otto opere. A sua volta distinta in due sezioni. Nella prima la scena se la prende l’autoritratto di Van Gogh del 1887: i gialli i rossi i blu gli azzurri, lo sguardo intenso vissuto, esprimono la psiche tormentata dell’autore. Le pareti laterali saranno dominate da Anselm Kiefer e da Mark Rothko il cui stile aniconico tende a coinvolgere emotivamente l’osservatore, due giganti del Novecento.
Nella seconda l’attenzione è rivolta al paesaggio con l’Onda di Gustave Courbet del 1869, al giardino come quello di Claude Monet a Giverny. Il confine oltre il limite è ben rappresentato ad uno dei paesaggi provenzali di Pierre Bonnard.
Edward Hopper, con Mezzogiorno in punto del 1949, al termine della prima sala, vuole testimoniare il rapporto tra le figure e lo spazio circostante. Un esempio dello stile realistico americano tipico dell’artista: donna sulla soglia di casa, ombra diagonale, atmosfera di attesa e solitudine.
Superata la sala introduttiva, le due successive vertono sul confine interiore. L’autoritratto di Edvard Munch, ancora Van Gogh, Gauguin del 1893 con i suoi colori vivaci in stretta connessione con la cultura polinesiana. Poi i tedeschi Ferdinand Hodler ed Ernst Ludwig Kirchner.
Per la prima volta in assoluto in Italia si potranno ammirare i due soli ritratti esistenti che Vincent van Gogh fa a due pazienti dell’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy, durante il ricovero che si era autoimposto dal maggio 1889 al maggio 1890.
La rassegna ci regala ancora ritratti di Gustave Courbet, Edouard Manet, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir. Soffermandosi poi su quelli eseguiti da Alberto Giacometti e Francis Bacon con la sua Testa di uomo del 1960.
La Terza sezione riguarda le figure situate nello spazio. Si può accennare alla Villa sul mare, di Arnold Böcklin del 1878. La sua atmosfera sospesa e la tonalità metallica che la caratterizza accentuano la visionarietà dell’immagine. Nel Mattino nel South Carolina del 1955 di Edward Hopper, una donna con le braccia incrociate guarda lontano, nel vuoto, esprimendo la sua solitudine.
La Quarta area comprende quadri famosi di lontani paesaggi e confini come la Martinica del 1887, Paul Gauguin ci introduce nella serenità di un ambiente ancora incontaminato.
Della spiritualità degli Ulivi di Vincent van Gogh del 1889 ne abbiamo traccia nelle sue stesse parole, in una lettera inviata dal pittore al fratello Theo: Se tu vedessi gli ulivi in questo periodo dell’anno… con il fogliame argento che inverdisce nel blu. E il terreno arato striato d’arancio. È qualcosa di completamente diverso da quello che ci immaginiamo noi al nord – c’è un che di così delicato – di raffinato.
La quinta area della mostra raccoglie alcune xilografie giapponesi, con i nomi più importanti dell’ukiyo-e, da Utamaro a Eisen, da Hokusai a Hiroshige.
Almeno sessanta opere della sesta e ultima area coprono la metà esatta del percorso. E’ la sezione che connette montagna mare cielo, costituenti dell’universo, come confini dilatati e ci mostra un paio di versioni delle montagne dipinte da Caspar David Friedrich, l’iconica montagna di Sainte-Victoire di Cézanne e le Alpi svizzere di Giovanni Segantini.
E poi il mare di William Turner le cui stesure arrivano a sfiorare l’astrazione. E quindi Courbet con le sue tele che catturano le sabbie della Normandia, dipinte anche da Claude Monet.
Nell’ultimo elemento, il cielo, che diventa soggetto autonomo a partire dal XIX secolo, Goldin ha inserito John Constable, Alfred Sisley a Camille Pissarro.
Nelle ultime sale della mostra che segnano il passaggio tra Ottocento e Novecento, spiccano i cieli dipinti da Edvard Munch, ancora Monet, Piet Mondrian, Emil Nolde.
E ancora i cieli piatti di De Staël sopra la Senna a Parigi per giungere ai cieli interiori di un pittore immenso e definitivo, Mark Rothko.
C.C.
I open Paroleacapo for my great love: the Theater which allows me to travel while I’m still, dreaming sitting in the audience, dance in the gallery and take pics before the curtain rises!




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