“FERDINANDO”. Arturo Cirillo al Teatro Feronia
Arturo Cirillo ha rappresentato ieri sera, 9 gennaio 2024 al Teatro Feronia di San Severino Marche (Macerata) il capolavoro di Annibale Ruccello “Ferdinando”.
Straordinari compagnidi viaggio sono stati Sabrina Scuccimarra, Anna Rita Vitolo e Riccardo Ciccarelli. Le scene dello spettacolo, prodotto da Marche Teatro, sono di Dario Gessati, i costumi di Gianluca Falaschi, le musiche di Francesco De Melis, le luci di Paolo Manti.
Gli applausi finali, durati qualche minuto, hanno confermato l’amore del pubblico al regista-attore, nonché la bravura ed il talento della compagnia, osannando questo straordinario testo attraverso il quale vengono sviscerati i vizi e le bassezze umane.
Tutte le azioni svolte dai protagonisti sono finalizzate al raggiungimento del piacere personale o della sottrazione di denaro. Una vendita scontata dell’anima al diavolo, Ferdinando appunto.
Egli infatti con i suoi molteplici doppi giochi e tranelli induce in tentazione gli altri tre protagonisti sottoponendoli poi a dei ricatti e facendo emergere la loro mancanza di morale, spietatezza, ostinazione e bramosità di sesso e potere e denari, sempre il denaro.
«Logica ed inconsueta, allo stesso tempo – scrive Cirillo nella presentazione dello spettacolo – la mia decisione di portare in scena “Ferdinando”.
Logica perché riconosco in Ruccello un mio autore, un autore sul quale sono tornato più volte, e con spettacoli per me importanti. Ma la scelta mi appare anche inconsueta, poiché per me “Ferdinando” è sempre stato legato allo spettacolo che curò l’autore stesso (nonché primo interprete del ruolo di Don Catellino), che ha girato per molti anni tutta l’Italia avvalendosi della grande interpretazione di Isa Danieli.
Inoltre per me il testo è sempre apparso molto diverso da tutti gli altri di Ruccello, un testo più realistico, storico, un dramma con una struttura classica.
Il desiderio per un inafferrabile adolescente, nato da un inconsolabile bisogno d’amore, matura nella mente di tre personaggi disperati (Donna Clotilde, Donna Gesualda e Don Catello), prigionieri della propria solitudine, esacerbati dall’abitudine. Allora tutto l’aspetto storico mi è apparso una finzione, un teatro della crudeltà mascherato da dramma borghese, in cui anche la lingua, il fantomatico napoletano in cui si sostanzia Donna Clotilde, è esso stesso lingua di scena, lingua di rappresentazione, non meno del tanto “schifato” italiano. […]
Mi pare che con Ferdinando, ancora una volta e ancora di più, Ruccello faccia fuori i generi, sessuali e spettacolari, per mettere in scena l’ambiguo e il sortilegio».
C.C.
I open Paroleacapo for my great love: the Theater which allows me to travel while I’m still, dreaming sitting in the audience, dance in the gallery and take pics before the curtain rises!
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